Gio. Ott 31st, 2024

Inchiesta sulla ristorazione italiana: il 97% dei clienti spende in media 23 euro e solo il 3% frequenta ristoranti di lusso e stellati

diUmberto Gambino

30 Maggio 2024

Diciamoci la verità: quando si va a mangiare in un locale (ristorante, trattoria, pizzeria), si sceglie in base al “preventivo di spesa”, cioè al listino prezzi del menù a cui si aggiungono una serie di variabili: il punteggio dei siti specializzati in recensioni, il luogo (più o meno “di tendenza”), il genere di cucina voluto, la qualità del servizio, il tipo di accoglienza e tutta un’ultra serie di criteri o convenienze occasionali. Il rovescio della medaglia è scontato: se vuoi pagare poco, ti devi accontentare di quello che passa il convento e difficilmente mangerai cibo di primissima qualità. Ma, ovviamente, le eccezioni confermano la regola: si può mangiare bene anche spendendo relativamente poco (sacrificando molto la qualità del servizio e la bellezza del locale). Il che vale anche per il ragionamento opposto: prezzi più elevati non sempre sono garanzia di piatti top. C’è da aggiungere poi che oggi, quando si mangia fuori casa, quasi mai si scelgono tutte le portate del menu, ma solo un antipasto più un primo (o un secondo) e qualche volta un dessert per finire in dolcezza. Con le dovute eccezioni. Negli ultimi 20-30 anni il modo di mangiare fuori casa è cambiato: forse in peggio (purtroppo!).

In sala o tra i fornelli, ma a contatto con il pubblico
A volte ci dimentichiamo che il lavoro nell’ambiente ristorazione è a contatto con il pubblico (con noi clienti): interazione dei camerieri, dei sommelier, del titolare con i clienti, ma sempre più spesso anche dello chef (o del cuoco) che non di rado si avvicina al tavolo per ascoltare “a caldo” se il menù è stato gradito oppure no. Ma spesso non è affatto così e il cliente si accontenta di spendere poco e mangiare male, optando per una qualità dei piatti bassa e dozzinale. Senza girarci troppo intorno: è questa la triste realtà di gran parte della ristorazione italiana – ripetiamo – “di basso livello e dozzinale” – con poche punte di eccellenza decisamente fuori portata per la stragrande maggioranza degli italiani.

Perciò, se andiamo ad analizzare lato cliente, ci sono difficoltà oggettive di mentalità ad approcciare una ristorazione di qualità medio-alta o che valorizzi davvero i prodotti tipici del territorio. Dal lato ristoratore troviamo spesso approssimazione, superficialità, improvvisazione e purtroppo scarsa professionalità nelle diverse competenze richieste per gestire e mandare avanti un locale.

Partiamo dalle competenze tecniche. Non di rado mancano le basi e cioè la capacità di cucinare, preparare cibi e bevande, servire i clienti, utilizzare strumenti e attrezzature specifiche del settore gastronomico. Quasi del tutto assenti risultano poi le competenze relazionali e cioè le capacità di comunicare e interagire con il pubblico (rispondendo in maniera esauriente alle domande relative alla composizione del piatto ordinato), di lavorare in team, di gestire situazioni di stress. Che dire poi delle competenze linguistiche, indispensabili quando si lavora in località turistiche (e non solo) dove la conoscenza di altri idiomi (inglese in primis) costituisce un asset indispensabile?

Carenza cronica di personale
Una grossa attenuante che giustifica parzialmente le difficoltà attraversate dalla ristorazione bisogna considerare che in Italia mancano circa 51.000 addetti al servizio ai tavoli, tra camerieri e altri professionisti del settore (dati Unioncamere).

La carenza di personale è un problema serio che colpisce circa un’impresa su tre, secondo i dati FIPE del 2022. Le figure professionali più difficili da reperire sul mercato sono pasticceri e gelatai (- 46%), cuochi in alberghi e ristoranti (- 43%). Una situazione preoccupante che si riflette inevitabilmente sulla qualità del servizio (con tempi di attesa più lunghi e un minor numero di tavoli disponibili), maggiori carichi di lavoro per i dipendenti già in servizio, difficoltà per i ristoratori di stare al passo con la domanda (con il rischio di perdere clienti e fatturato).

Perché è diventato difficile trovare lavoratori nei ristoranti? Fra le cause della carenza cronica di personale ci sono le condizioni di lavoro molto impegnative (orari lunghi e irregolari, nei giorni festivi e nei fine settimana, fino a tarda sera e spesso sotto pressione), stipendi insufficienti, pagati in parte “in nero”, non in regola o comunque non allettanti (i giovani preferiscono non lavorare o cercare in settori diversi), mancanza di riconoscimento professionale, difficoltà a far carriera, carenza di formazione adeguata.

Dilettanti allo sbaraglio
Molto diffusa e grave, a mio parere, è l’enorme percentuale di improvvisazione nel settore. Sovente ci si imbatte in proprietari dei locali che provengono da settori completamente diversi e assai lontani dal mondo del food, dilettanti allo sbaraglio che perciò mettono in fila tutta una serie di errori da matita blu: non conoscono gli ingredienti, spacciano per tipici prodotti che invece non lo sono affatto mentre i cuochi introducono nei menù combinazioni azzardate o improbabili che nulla hanno a che fare con il territorio.

Qualità dei prodotti non sempre all’altezza
Un discorso a parte merita la qualità del cibo: molti clienti denunciano sia la scarsa qualità delle materie prime sia carenze nella preparazione dei piatti o nella presentazione a tavola. Che dire poi di ingredienti non corrispondenti a quelli contemplati nel menù, a volte non territoriali o comunque di seconda scelta? Un inconveniente che si presenta spesso e diventa ancora più antipatico quando il cliente non viene nemmeno avvertito in anticipo delle modifiche, salvo scoprire tutto al momento della presentazione del piatto.

I punti negativi della ristorazione in Italia
I clienti della ristorazione italiana lamentano parecchie criticità. Il problema numero uno è la qualità del servizio ai tavoli che risulta spesso improvvisato, non professionale, poco attento, affidato a personale pagato “a giornata”, non motivato, spesso sotto pagato. A volte risulta una netta mancanza di comunicazione fra chi lavora in cucina e il personale di sala. Risultato? Tempi di attesa lunghi per le portate, errori nelle ordinazioni, dimenticanze o disorganizzazione.

Quello dei prezzi elevati è una nota dolente della ristorazione di massa e non solo. Gli imprenditori grandi e piccoli del settore danno facilmente la colpa al periodo del Covid: più o meno tre anni in cui il settore si è dovuto fermare del tutto o rallentare, con perdita di posti di lavoro o chiusura definitiva di molti locali e di conseguenza mancati incassi: è innegabile la crisi economica di tutto il settore ristorazione che solo dallo scorso anno è ripartito a pieno regime. Così, per recuperare i mancati incassi in molti (anche nella ristorazione di massa) hanno rincarato i prezzi dei piatti e dei vini del 20 e del 30%. Insomma, c’è chi ha esagerato e non di poco.

Chi oggi paga il costo sempre più salato sono i clienti sempre più insoddisfatti del rapporto qualità-prezzo, con la sensazione di aver pagato troppo per il cibo o il servizio ricevuto. A chi non è capitato di ritrovarsi con un conto sbagliato, poco trasparente o con addebiti non previsti? E vogliamo parlare poi del costo del coperto o del servizio al tavolo eccessivo rispetto al servizio stesso ricevuto? Quante volte ci è capitato di andare via da un ristorante ripromettendoci di non tornarci mai più? E che dire ancora dei locali ubicati nei centri storici dove è praticamente impossibile trovare parcheggio o addirittura vige il divieto di accesso alle zone a traffico limitato? Sono solo alcune delle difficoltà lamentate dai clienti della ristorazione italiana.

I numeri della ristorazione in Italia
Il settore della ristorazione in Italia conta circa 400 milioni di clienti, muove un giro d’affari di 82 miliardi di euro e occupa un milione e mezzo di persone (fonte: dati Fipe elaborati da Coldiretti). Secondo il sito specializzato in prenotazioni Plateform circa il 30% dei clienti di un ristorante italiano sono abituali e che ciascuno di questi spenda mediamente 1.650 euro l’anno (stima di My Business Plan). Per Confesercenti, l’82% della popolazione italiana tra i 14 e i 79 anni frequenta regolarmente ristoranti, trattorie e pizzerie. In crescita anche la ristorazione nei centri commerciali che, da sola, ha registrato un giro d’affari di 5,6 miliardi di euro nel 2023, con una crescita dell’1% rispetto al 2022 (Fonte: Borsa Italiana).
Federalimentare stima che nel 2022 il numero di pasti consumati fuori casa in Italia sia stato di circa 6,5 miliardi, con una media di circa 105 pasti pro capite.
Ma in definitiva, quanto spende il cliente medio della ristorazione italiana? Secondo la Fipe, nel 2023 ha speso in media 21 euro; poco più di 23 euro, secondo l’Osservatorio della Ristorazione. Una differenza davvero minima. Come si può notare facendo un raffronto con il paragrafo seguente, è questa la realtà della ristorazione di massa in Italia: il 97% dei clienti spende in media 23 euro per mangiare.

UN PIANETA A PARTE: LA RISTORAZIONE DI LUSSO E STELLATA
E’ proprio un “pianeta” a parte è quello della ristorazione di lusso e stellata in Italia. Ma quanto pesa sul totale della ristorazione del Belpaese? Non esiste una stima ufficiale degli habitué negli stellati in Italia rispetto al totale dei clienti che abitualmente frequentano i ristoranti. Alcuni dati però ci sono: secondo il rapporto Nielsen 2023, circa il 2% dei consumatori italiani ha frequentato almeno un ristorante stellato Michelin nell’ultimo anno.
Per l’Osservatorio della Ristorazione circa il 3% dei pasti consumati fuori casa in Italia (nel 2022) è avvenuto in ristoranti stellati con un fatturato che rappresenta lo 0,5% del totale del settore ristorativo italiano (fonte: Federalimentare). Praticamente una goccia nel mare.

Dati che non lasciano dubbi su quale sia, per la maggior parte della popolazione, la tipologia di cucina prescelta (o quasi obbligata). La verità è che almeno il 97% dei clienti non si siede o non si è mai seduto in un ristorante top dove si sborsano in media 200 euro a persona per ogni pasto (vini esclusi) con punte ovviamente più elevate. La spesa media pro capite in un ristorante stellato in Italia si aggira intorno ai 100-150 euro, senza vino (Fonte: Money.it). Il prezzo di un menù degustazione può variare da 150 a 500 euro a persona, a seconda del ristorante e del numero di portate.
Nei ristoranti stellati più rinomati il costo di un pasto completo può superare anche i 500 euro a persona, escludendo i vini.

Andare a mangiare in un ristorante stellato o della categoria lusso, è oggi considerato “un’esperienza gastronomica” da raccontare, ma per la stragrande maggioranza della popolazione (e dei turisti) è impossibile: è una chimera, un miraggio per motivi oggettivi, soprattutto economici. O forse, anche perché quel 97% dei clienti dei ristoranti “si accontenta” o ritiene “non primario” scegliere un ristorante Top, considerando ben altre le priorità di spesa personale o familiare.

Spezzare una lancia a favore della ristorazione stellata sarebbe fin troppo facile. Per tre ordini di motivi, in particolare: promuove l’immagine dell’eccellenza culinaria italiana nel mondo; attira turisti stranieri con alto potere d’acquisto; stimola l’innovazione e la creatività nel settore ristorativo.

Per concludere, ecco i cinque profili tipo dei clienti dei ristoranti stellati in Italia, secondo un’indagine Nielsen:

  • Amanti del cibo e intenditori: sono persone con una profonda passione per la gastronomia e una conoscenza raffinata della cucina. Apprezzano l’alta qualità degli ingredienti, la maestria delle preparazioni e l’innovazione culinaria.
  • Professionisti con reddito alto: manager, imprenditori, professionisti affermati e personalità del mondo dello spettacolo che sono disposti a spendere cifre considerevoli per un’esperienza culinaria d’eccellenza.
  • Viaggiatori internazionali: turisti stranieri facoltosi che includono i ristoranti stellati nei loro itinerari di viaggio, attratti dalla reputazione e dall’unicità dell’offerta gastronomica.
  • Appassionati di enogastronomia: sono cultori del vino e delle eccellenze gastronomiche locali, sempre alla ricerca di nuove esperienze sensoriali e accostamenti insoliti.
  • Giovani foodies: le nuove generazioni di gourmet incuriositi dall’alta cucina e desiderosi di scoprire nuovi trend culinari.
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diUmberto Gambino

Professional journalist and sommelier, from an early age I breathed the scents of the vineyard and tasted the wine in my grandfather's cellar, in Sicily. The multiple life and work experiences brought me first to Liguria, then to the capital. Roman by adoption, but always Sicilian at heart, I am always fascinated by the beauties of our Italy, between territories to explore and typical food and wine.